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Claudio Albonetti (Assoturismo): “Ticket d’ingresso a Venezia? Una barbarie”

Claudio Albonetti, Presidente di Assoturismo, non usa mezzi termini sull’ipotesi di introdurre un ticket d’ingresso per i visitatori giornalieri di Venezia. E propone la ricetta per il rilancio dell’economia (non solo turistica) italiana: ridare fiato alle imprese.
A cura di Angela Patrono
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L'estate 2014 ha fatto molto parlare di sé. Non solo per il maltempo che ha frenato le vacanze in Italia, o per l'approvazione del contrastato Decreto Cultura e Turismo. Passare un week end in Italia potrebbe comportare il pagamento di un extra per tutti i turisti mordi e fuggi. Ha fatto molto discutere, infatti, la proposta lanciata dal Comune di Venezia di far pagare un ticket d'ingresso a tutti quei visitatori giornalieri che arrivano nella Serenissima, spesso in treno o in crociera. L'obiettivo? Evitare il sovraffollamento di Venezia, regolando così i flussi turistici. Non tutti però concordano su una simile misura ipotetica. Tra le voci dissonanti si leva quella di Claudio Albonetti, Presidente di Assoturismo, importante federazione sindacale che rappresenta le imprese turistiche sotto la sigla di Confesercenti. Ecco cosa ci ha risposto in un'intervista che ha toccato vari temi relativi al comparto del turismo.

Il sottosegretario ai Beni culturali Ilaria Borletti Buitoni propone di introdurre un ticket di ingresso a Venezia per frenare il fenomeno del “mordi e fuggi”, considerando inoltre di far pagare un ticket a chi arriva a Venezia in treno o in crociera. Qual è l’opinione di Assoturismo in proposito?

Mi limito ad esporre le mie impressioni personali: turisticamente parlando, in questo paese non c’è limite al peggio. Abbiamo già una gabella di stampo medievale come la tassa di soggiorno, e in più pensiamo di far pagare un ticket a chi viene a spendere i nostri soldi da noi: è inconcepibile. Mi rendo conto che i Comuni hanno bilanci disastrati, ma non può essere il turismo a ripagare tutto. Venezia è una città unica al mondo ed è naturale che sia ambita dal turismo internazionale. Del resto, mostrare al mondo questo Patrimonio dell’Umanità è un’opportunità economica ma anche un dovere etico, e verremmo meno a questo dovere morale se facessimo pagare un ticket a chi vuole visitare Venezia. Il provvedimento che vieta alle grandi navi da crociera di entrare in laguna può anche essere condivisibile, ma da qui a dire che i turisti devono pagare un ticket, ce ne passa. Bisogna rendersi conto che quasi tutti i turisti diretti a Venezia vi sostano un giorno o due. Quasi nessuno vi soggiorna dieci giorni. Pertanto l’imposizione di un ticket al turista è una barbarie.

Le imprese balneari italiane registrano un calo del 70% rispetto all’anno scorso, con ingenti danni economici per gli operatori turistici. Esiste un modo per limitare queste perdite e porre rimedio alla situazione?

Non c’è un modo per limitare queste perdite, perché la stagione estiva è stata meteorologicamente inclemente. Abbiamo avuto una primavera piovosa e un luglio da dimenticare. C’è stato un piccolo spiraglio ad agosto, ma già a fine agosto le condizioni meteorologiche sono tornate avverse.

Prolungare la stagione estiva potrebbe aiutare?

Non è certo allungando il tempo di apertura degli stabilimenti che si potrà rimediare, perché fra pochi giorni tutti i turisti, sia italiani che stranieri, torneranno a casa. Prolungare l’estate non è un provvedimento valido per poter rimpinguare le casse di una stagione andata male. È andata male soprattutto a causa delle condizioni meteo proibitive. La colpa non è di nessuno, è andata così.

Assoturismo ha espresso criticità verso il Decreto Cultura e Turismo, ritenendo insufficienti le misure in esso contenute. Quali provvedimenti sono invece da auspicarsi per il rilancio del settore turistico?

I provvedimenti introdotti con il Decreto sono limitati, anche nelle disponibilità economiche stanziate. Quello che noi chiediamo è ben altra cosa. Ad esempio, per quanto riguarda la riqualificazione del nostro patrimonio turistico ricettivo, auspichiamo un provvedimento che agevoli dal punto di vista fiscale e dei contributi il passaggio dallo status di affittuario a quello di proprietario per chi gestisce una struttura ricettiva da almeno cinque anni. In breve, chi gestisce una struttura in affitto e vuole acquistarla dovrebbe ottenere degli incentivi. In questo modo si avrà un albergatore molto più motivato di quanto non lo sia adesso, dal momento che pagando l’affitto non può intervenire sulla riqualificazione. Sottolineo inoltre una cosa da non sottovalutare: se non si ridà fiato all’impresa nessun settore potrà salvarsi. Questo vale non solo per il turismo, ma per tutta la nostra economia. In particolare ci sono vari nodi da risolvere. Abbiamo un total tax rate sulle imprese generali che sfiora il 70%. Nessuna impresa seria può salvarsi in questa maniera. Oltretutto abbiamo una giungla di imprese irregolari che nessuno si degna di contrastare, oltre a un costo del lavoro proibitivo, con un costo contributivo spropositato rispetto al costo retributivo. In questo senso, oltre che abbassare il costo del lavoro, bisogna spostare una gran quantità di questo denaro dalla contribuzione alla retribuzione per dare più potere d’acquisto alle famiglie. Inoltre bisogna fare un ragionamento serio anche sui costi delle utenze, ormai tutti forniti da società per azioni, che perseguono i loro scopi societari ovvero gli utili: questo porta energia, gas e acqua ad aumentare sempre più. Se si vuole rilanciare il turismo, o meglio l’economia del paese, bisogna rilanciare le possibilità delle imprese. Altre strade non ce ne sono. Quello che è stato fatto con questo Decreto, come nei tentativi precedenti, è come dare caramelline alla menta a un malato di broncopolmonite: si rinfrescherà un po’ l’alito ma la situazione non migliorerà e ogni intervento dei medici risulterà inefficace e ininfluente.

Lo scorso anno Assoturismo ha portato alla luce il problema della veridicità delle recensioni pubblicate su siti come Tripadvisor, definendoli “fuorvianti” e in grado di alterare la concorrenza di mercato, provocando una reazione e un successivo incontro con i referenti di Tripadvisor. A che punto è il dialogo con Tripadvisor? In che modo monitorare il passaparola online restituendo credibilità al sistema turistico per tutelare imprese e consumatori?

Un simile discorso non impensierisce minimamente le imprese del turismo. L’importante è che la questione si possa gestire con trasparenza e alla luce del sole. Tuttavia ci risulta che sulle recensioni si sia addirittura sviluppato una specie di commercio: in poche parole, si ottengono recensioni positive in cambio di favori o sconti. Questo non favorisce lo svolgimento ottimale del mercato. Certamente gli utenti sono liberi di esprimere il loro parere, nel bene e nel male, sul trattamento ricevuto o sui servizi offerti da una struttura ricettiva o di ristorazione. L’importante è che ognuno si prenda la responsabilità delle proprie azioni. In particolare chiediamo che le recensioni, su richiesta degli interessati, possano essere tracciabili. Ossia, se ritengo di essere danneggiato da una recensione falsa scritta da un mio concorrente, mi rivolgerò a Tripadvisor che, nella massima trasparenza, mi dirà il nome del concorrente. Nulla in contrario alle recensioni, gli utenti devono continuare a esprimere il loro parere, ma è necessario che, su richiesta degli interessati, vengano rese note le generalità degli autori secondo criteri di tracciabilità e trasparenza.

(La foto in apertura è di Juliette Gibert)

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