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Misteriose sculture nel deserto: dal nulla spunta l’arte

Tutto ci si potrebbe aspettare di trovare nelle lande desertiche, tranne questi colossi. Figure inquietanti e dai significati arcani, che rimandano a miti antichi o al passato più recente. Ma sono molto più vicine a noi di quanto si possa pensare. E a volte l’artista vuole solo esprimersi con virtuosismi tecnici.
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Sculture nel deserto

Lo chiamano deserto, eppure si è molto meno soli di quanto si possa pensare. O per lo meno, si avverte la presenza umana anche quando non c'è nessuno. Perché se camminando lungo distese immense di sabbia, o lungo terre aride e brulle, scorgiamo delle forme strane, non è certo madre natura che si è divertita a scolpire le rocce. Molti artisti hanno deciso di abbandonare musei e gallerie per le loro opere e scegliere questi vasti luoghi abbandonati per dare sfogo al loro estro creativo. Ma è proprio grazie a queste creazioni che alcuni itinerari lungo vari deserti del mondo sono diventati un po' più battuti: il turismo tiene in grande considerazione l'arte a prescindere da dove essa venga esibita. Ecco come delle semplici sculture hanno imposto dei nuovi punti di sosta sulle mappe dei viaggiatori.

La mano dell'artista

Potrebbe sembrare un miraggio ma è reale, ed è la visione più imponente e spaventosa che si possa avere se si avesse la sfortuna di perdersi in un deserto. E non uno qualsiasi: siamo nel deserto di Atacama, in Cile, il luogo più asciutto e secco del mondo. Qui la nascita di qualsiasi forma di vita è pressoché impossibile. Quale luogo migliore per una rappresentazione artistica di solitudine e abbandono? È questo quello che ha voluto esprimere lo scultore cileno Mario Irarrázabal con la sua Mano del Desierto. Esatto, proprio un'enorme mano che affiora dalle sabbie come in una disperata richiesta di aiuto inascoltata.

Foto di Marcos Escalier

Con questa gigante costruzione in ferro e cemento Irarrázabal ha voluto emblematicamente simboleggiare il dolore, le ingiustizie e le torture subite dall'animo umano. E le notevoli dimensioni stanno proprio a enfatizzare la condizione di impotenza e vulnerabilità. Un tema ricorrente nelle sue opere: un'altra enorme Mano dell'artista è presente sulla spiaggia di Punta del Este in Uruguay. Mentre altre creazioni simili, oggi rimosse, vennero da lui esposte a Madrid e Venezia. Per raggiungere la Mano del Desierto in Cile si può partire dalla città di Antofagasta e prendere la Strada 26 o 28 della Panamericana, per poi connettersi con la Strada 5 che arriva al monumento.

Misteriose presenze

Il deserto di Atacama sembra in realtà essere il luogo privilegiato dagli artisti cileni per esibire la loro arte monumentale. Ma se la Mano ci ha amareggiato con un sentimento di abbandono, queste figure ci faranno invece sentire protetti e confortati. Non per niente sono chiamate "Presencias Tutelares": è questo il nome che l'autore dell'opera, Juan Díaz Fleming, ha voluto dare al suo gruppo di sculture. Esse rappresentano un po' i guardiani del deserto sulla strada verso Arica, una città di mare situata sull'estrema punta settentrionale che viene considerata la porta di acceso a nord del Cile. Ed è proprio dopo aver lasciato il Perù, e prima di entrare in questo grande porto che incontriamo queste strane figure alte 9 metri.

Foto per gentile concessione di Jonathan Moncada Calabrano
Foto per gentile concessione di Jonathan Moncada Calabrano

Secondo Fleming, che le ha installate nel 1997, esse raffigurano un uomo e una donna delle antiche popolazioni che abitavano le terre andine. Il gruppo scultoreo è composto anche da un geode rappresentante il pianeta Terra e altri due misteriosi monumenti che, secondo alcuni, simboleggiano una speciale connessione con il mondo delle stelle e la cosmovisione andina. Un velo di magico mistero circonda questo posto. Molti viaggiatori deviano verso la Strada 5 con lo scopo ben preciso di fotografare le sculture. Altri vi passano e le scorgono in lontananza, senza capire cosa rappresentano e perché si trovano lì, nel bel mezzo del nulla. Nonostante l'opera risalga ad appena 15 anni fa, l'atmosfera che si respira è qualcosa di ancestrale e mistico.

Memoriali pioneristici

Dani Karavan è uno scultore israeliano conosciuto per i suoi monumenti che si armonizzano totalmente con l'ambiente circostante. Prima ancora che la land art si configurasse negli Stati Uniti, lui ne era già un precursore creando opere che tenevano conto specificatamente del luogo in cui sorgevano. E sicuramente la sua creazione più rappresentativa è il Monumento alla Brigada Negev (Andartat Hativat HaNegev) che sorge su una collina del deserto omonimo sovrastante la città di Beersheba. Il memoriale, conosciuto anche localmente come Andarta, ricorda la brigata di fanteria israeliana che servì durante la guerra arabo-israeliana del 1948. Realizzato tra il 1963 e il 1968 è diventato subito un punto di sosta per viaggiatori e curiosi, soprattutto per la sua conformazione strana e il fatto che ci si possa tranquillamente arrampicarcisi sopra.

Foto di Daniel Baránek

L'opera ricorda una qualche sorta di artefatto alieno abbandonato su un pianeta desertico: è composta da una forma sferica, varie strutture ondulate, tubature e forme geometriche squadrate, coprendo in totale un'area di 100 m². Ognuno dei 18 elementi che la compone ha un significato ben preciso. Ad esempio la torre perforata allude a una torretta di guardia bombardata dal fuoco nemico; e un piccolo tunnel ricorda un canale d'acqua del Negev difeso dai soldati. Questa comunque non è l'unica opera monumentale di Karavan diventata una pietra miliare del deserto del Negev: tra il 1996 e il 2000 l'artista realizzò la Via della Pace, un colonnato collocato esattamente sul confine desertico tra Israele ed Egitto.

Arte agli antipodi

Foto di Colleen Galvin

La città di Broken Hill in Australia è soprannominata "l'oasi dell'ovest" perché, nonostante sia circondata da una vasta regione semi-desertica, è caratterizzata da numerosi parchi e giardini. Ma non è l'unica cosa fiorente da queste parti: il piccolo centro minerario è da almeno vari decenni una sorta di rifugio per artisti di ogni tipo, che hanno seguito le orme di una leggenda locale, il pittore Kevin Charles "Pro" Hart. Questi fu l'ispiratore di quello che fu considerato un vero e proprio movimento artistico dell'Outback australiano. Questo movimento a sua volta ispirò un simposio di artisti da tutto il mondo che nel 1993 si riunirono su una collina della Broken Hill Living Desert Reserve, guidati dall'americano Lawrence Beck. Qui lavorarono per la realizzazione di 12 sculture in arenaria che ancora oggi sono una delle principali attrazioni della riserva. Tanto che per vederle bisogna pagare un biglietto di 5$. Per raggiungerle bisogna seguire un sentiero di 1 km che parte dal parcheggio auto del Flora and Fauna Sanctuary.

Bizzarre creazioni

Non potevano mancare gli Stati Uniti nella nostra galleria: una vasta porzione di questo enorme paese è coperta da deserti vari. Il primo in cui vogliamo portarvi è quello della California, ed esattamente nella contea di San Diego. Siamo nella Borrego Valley e qui, nella proprietà privata delle Galleta Meadows Estates, troviamo le 130 sculture in ferro dell'artista Ricardo Arroyo Breceda. Le enormi opere metalliche rappresentano creature reali e fantastiche: cavalli in lotta si alternano a dragoni cinesi emergenti dal sottosuolo, e mentre un elefante potrebbe sorprendervi per la sua placidità, una tigre dai denti a sciabola potrebbe cogliervi alle spalle. La fierezza epica del mondo animale, vero o immaginario che sia, è ben rappresentata dalle pose dinamiche di queste eleganti sculture. Ma ciò che più colpisce è la storia dietro questi lavori.

Foto di Harry Pherson

Breceda è un operaio senza alcun tipo di formazione artistica o tecnica. Lavorando in un'impresa edile un giorno cade dal secondo piano di un'impalcatura rompendosi la schiena: l'incidente sveglia un lui un talento nascosto nel lavorare i metalli. Una volta rimessosi scambia i suoi stivali con una saldatrice, e da allora comincia a lavorare il metallo di scarto. La sua prima opera è un Tirannosauro come regalo di Natale per la figlia. Da lì seguono altri lavori preistorici, tanto che il suo laboratorio di Perris, la città in cui vive, è conosciuto come Jurassic Park. Breceda ha disseminato le sue opere anche in Australia e in Canada. Ma la sua più grande raccolta è quella presente nell'Anza-Borrego Desert State Park: questa gli è stata commissionata dal proprietario delle Galleta Meadows Estates Dennis Avery il quale, dopo aver scoperto che il deserto era noto per la sua ricchezza di fossili antichi, ne ha voluto onorare la storia naturale. Tra tante creature preistoriche, comunque, spiccano anche figure umane: minatori e cacciatori d'oro che vogliono rendere omaggio alla storia recente della regione.

Foto di H Dragon
Foto di H Dragon

Le sculture nel deserto californiano fanno il loro effetto; ma ancora più impressionante è invece quest'opera immensa che si poteva ammirare fino a pochi anni fa nel deserto del Nevada. Il nome è The Big Rig Jig: una struttura composta da due camion contorti che si sostengono l'uno sull'altro: una vera e propria sfida alla legge di gravità. Il suo autore è Mike Ross, un architetto la cui passione è sempre stata quella di progettare edifici e sculture su scala monumentale. Tra le sue opere questa, realizzata per il Burning Man Festvial del 2007, sicuramente le batte tutte. Aiutato da un gruppo di volontari, Ross è stato capace di saldare i due veicoli in una struttura d'acciaio alta 15 metri e dal peso totale di 25 tonnellate. Colossale.

[In apertura: foto di Sam Howzit]

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