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Barcellona non odia il turismo, ma la massa

Nel capoluogo catalano i cittadini hanno osato opporsi al turismo di massa, mentre il sindaco ha fermato il rilascio di licenze per hotel, ostelli e case vacanza. E pensare che da noi si fa pure peggio…
A cura di Danilo Massa
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"Cap pis turistìc" a Barceloneta.
"Cap pis turistìc" a Barceloneta.

"Barcellona odia i turisti" è il titolo che leggiamo su testate nazionali ed internazionali. I titoli, d'accordo, sintetizzano, ma ci sono casi in cui lanciano un messaggio, senza il disturbo di prendere posizione. Poiché tutti siamo stati educati alle virtù della ragione, e dal momento che l'odio implica perdita di autocontrollo, chi odia ha torto. Il messaggio che passa silenziosamente afferma categoricamente che i barcellonesi sono quelli cattivi, mentre i turisti sono quelli buoni. Interpretazione coadiuvata anche dalla visione tremendamente semplicistica secondo cui qualsiasi cosa porti denaro – nella fattispecie il turismo – vada accettata col capo chino e le mani questuanti. Poco importa che spesso il metodo del "tanto ed ora" esaurisca la fonte stessa di guadagno.

La qualifica di "città che odia", Barcellona se la sarebbe guadagnata quando i residenti hanno manifestato la propria contrarietà alla turba turistica, mentre le autorità locali hanno proposto di razionalizzare i servizi rivolti ai visitatori. La popolazione ha esposto nell'ultimo anno – durante manifestazioni o sui balconi dei propri appartamenti – striscioni con la scritta in catalano "Cap pis turistic": "No agli appartamenti turistici". Nessun messaggio odioso, insomma, e, anzi, tutto sommato signorile rispetto alla condotta di quei turisti che fanno delle ramblas e di Barceloneta un delizioso monnezzaio a cielo aperto (per non parlare di quelli che girano nudi di giorno o di chi pensa che la movida implichi anche una buona dose di cazzotti). Insomma, non è che Barcellona odi i turisti, quanto la massa, intesa come quella moltitudine pericolosa non tanto per il numero, quanto per la protervia di chi non sente su sé alcun dovere, ma per sé solo diritti.

Per quanto riguarda l'amministrazione locale, la sindaco neoeletta Ada Colau, interpretando il volere cittadino, ha parlato di "turismo sostenibile"; un proponimento che, riferito ad una metropoli di 1,6 milioni di abitanti che ogni anno ospita oltre 7 milioni di turisti (ed il trend è in crescita), ha qualcosa di letteralmente in-credibile. Ma ci si prova, in attesa di un piano che sarà presentato all'inzio del 2016 e che spiegherà come la pressione turistica verrà alleggerita dal centro storico per essere parzialmente spostata verso la periferia. Per cominciare Colau ha disposto di non rilasciare altre licenze turistiche ad hotel, ostelli e case vacanza, perché, spiega, "non vogliamo fare la fine di Venezia: dobbiamo imporre un limite".

E qui si è sentito chiamare in causa il Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che ha replicato che a Barcellona "dovrebbero baciarsi i gomiti di diventare come Venezia"… salvo poi precisare che sì, effettivamente a Venezia dei problemini ci sono e che "in Italia devono tornare i viaggiatori colti". Che se questa frase la mettessimo nero su bianco sugli striscioni appesi alle ringhiere dei balconi, i turisti sì che avrebbero motivo di risentirsi. Altro che "cap pis turistic"…

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