Vi erano quelle più artistiche che, come questa, richiamavano il Diavolo e altre più essenziali. Il tratto comune è la costrizione dei movimenti facciali e la presenza di un unicino che si conficcava nella lingua.
Notiamo qui diverse torture, ma quella degna di maggiore attenzione è collocata sulla destra. Si tratta della Vergine di Norimberga, sarcofago nel cui interno, da tutti i lati, sorgevano aculei che si conficcavano nella carne.
Questa è la versione \"mobile\", ma alcuni edifici presentano una gabbia esterna \"fissa\". Il condannato vi veniva costretto spesso fino alla morte che avveniva per cause naturali (freddo, caldo, fame) o per gli spietati giochi della gente.
Il condannato veniva legato alla ruota e, nel mentre che girava, veniva colpito. A volte gli arti venivano legati in maniera tale che la ruota, girando, spezzasse i legamenti.
L\'uso di questa tortura è di immediata compensione. Il prigioniero veniva anche fatto scivolare su questi rulli acuminati.
La pera vaginale, così come quella orale e rettale, veniva introdutta chiusa nell\'orifizio e gradatamente allargata. Le punte dei tre o più spicchi erano appuntite. I tessuti, allargati oltre natura e feriti, portavano alla svenimento e, spesso, alla morte.
Il condannato veniva costretto in questa posizione per tempi interminabili, finché il peso del corpo, non più sorretto dai muscoli, non portava alla slogatura delle braccia all\'altezza delle spalle. A questa tortura si potevano associare altri supplizi, come l\'ustione. Si rivelo non di rado mortale.
Un sistema di corde teneva sospeso il condannato sopra un palo appuntito che puntava all\'ano o ai testicoli. Lo sforzo a tenersi lontano dalla minaccia portava il condannato ad una tensione non sostenibile sul lungo periodo. Sopraggiunta la stanchezza, il condannato sveniva, lasciando cadere il peso del corpo proprio sul punto da cui si era allontanato fino alla perdita di coscienza.