Finca Bellavista, mica il “solito” albergo sugli alberi
La Finca Bellavista – a Piedras Blancas in Costa Rica – è un progetto di vita di una coppia americana, che è divenuto con il tempo qualcosa di più: un vero e proprio villaggio, basato sulla condivisione di concreti valori ecologici. Il suo fondatore, Mateo Hogan, marito di Erica è un dinamico statunitense del Colorado, sulla quarantina, che si compiace di descrivere la sua fattoria (finca, in spagnolo) come “comunità arboricola sostenibile”. Incontro Mateo dopo che è appena tornato da una sortita nel fitto della giungla, in una zona dove sono in corso delle riprese di un serial televisivo. Una location così particolare non sta passando inosservata, negli ultimi tempi, ai registi in cerca di luoghi “avventurosi” ma nel contempo rassicuranti. Mateo anche questa sera non ha rinunciato a una capatina sull’ampio terrazzamento di legno arredato come piacerebbe a Tarzan – da cui si gode di una vista spettacolare sulla foresta pluviale circostante – per gustarsi un aperitivo insieme agli ospiti presenti nella fattoria.
“La Finca Bellavista è nata in un luogo dove nessuno si sognava di abitare o coltivare qualcosa”, mi dice Mateo. “Il primo passo è stato quello di metter su una fattoria biologica". Con il tempo è poi venuto fuori un vero e proprio villaggio ecologico. “Non un villaggio qualsiasi, però" – precisa il fantasioso yankee – bensì “una comunità sospesa tra gli alberi di una foresta pluviale, un tempo improduttiva e marginale”. Tutto ciò è collocato in uno dei tanti parchi nazionali costaricensi della nazione conosciuta per il suo ottimismo fatalista della “pura vida”. Il parco è quello di Piedras Blancas, a ridosso del Gulfo Dulce e a meno di un’ora dal confine con Panama.
Nella Finca Bellavista ogni attività cerca di essere rispettosa della natura. L’impatto ambientale è ridotto al minimo sotto vari aspetti, a cominciare dalla costruzione delle case. Le costruzioni sono ben diluite sui trecento ettari di foresta pluviale e sono costruite privilegiando in maniera preponderante il legno. Esse sono edificate tra gli alberi e sugli alberi. Talvolta ci si è, infatti, limitati a costruire gli edifici su delle specie di palafitte svettanti tra la vegetazione, talaltra l’edificazione è avvenuta inglobando degli alberi nella loro interezza. La scelta degli alberi “edificabili” è rigorosa e affidata a esperti. Davvero fa un certo effetto vedere un tronco vivente piantato nel bel mezzo di un soggiorno o una cima fiorita di un albero spuntare sopra un tetto, invece che accanto ad esso.
Costruire senza procurare danni all’ambiente non è facile, ma alla Finca ci riescono. Occorre, infatti, rispettare decine di rigorosi criteri codificati con puntigliosità, se si vuole costruire in uno dei pochi spazi rimasti ancora edificabili. Tali criteri considerano l’impatto sia presente sia nel futuro, sull’area sottostante e circostante alla costruzione. Il rispetto per l’ambiente passa nella finca anche attraverso l’impiego di energie rinnovabili per il consumo di energia necessario alle coltivazioni: ananas, caffè, banane, tutto rigorosamente biologico. Lo smaltimento sostenibile dei rifiuti è anch’esso gestito con cura e rispetto per l’ambiente. Alla Finca Bellavista vivono e lavorano alcune decine di persone, ma essa offre la possibilità di pernottamento a pagamento anche a chi non faccia parte della fattoria.
Il villaggio ha, infatti, a disposizione degli ospiti paganti alcune case dai nomi fantasiosi (io ad esempio ho soggiornato nella “perezosa”, "pigra" in spagnolo), che costituiscono una sorta di resort decisamente sui generis. La Bellavista compare sui principali motori di ricerca e prenotazione turistica, certo, ma non sembra che gli arboricoli della finca “muoiano dalla voglia” di farsi trovare dal primo turista che capiti. Pressoché totale è, infatti, l’assenza d’indicazioni lungo la strada che dal vivace centro di Palmar conduce alla località (“La Florìda”) dove si trova il villaggio. A ciò va aggiunto che l’accesso al villaggio è possibile solo con una buona oretta di cammino a piedi o in alternativa a bordo di un robusto fuoristrada. Giunti a destinazione, i viaggiatori potranno per due (permanenza minima) o più giorni sostituire l’ordinario all’eccezionale, nel senso di eccezione agli standard classici del comfort turistico.
Eccezionale è, infatti, pagare quanto si pagherebbe un buon quattro stelle per un alloggio senza corrente elettrica e senza infissi alle finestre. Eccezionale è avere la reception a centinaia di metri di distanza. Eccezionale è percorrere un ponticello traballante affacciato su di un torrente, per gustarsi l’aperitivo al calar della sera. Eccezionale è spostarsi all’interno dell’eco-villaggio aggrappati a un filo d’acciaio che sorre su di una lunghissima carrucola, ovvero il caratteristico “canopy” costaricense. Tutto eccezionale, certo, ma è l’eccezione che conferma la regola, ovvero che in Costa Rica l’impronta ecologica è qualcosa di più che una semplice “etichetta”.