In giro per il mondo in cerca di relitti
Battelli, pescherecci, navi mercantili, navi da guerra… imbarcazioni diverse progettate per diversi scopi, tutte accomunate dall'essere oggi solo ammassi di ferro e legno incagliati nell'arena o tra le rocce. E forse per questo molto più belli di quanto lo fossero quando erano in attività. I relitti raccontano delle storie, di più, delle avventure, nel loro essere eternamente immobili, fermi su una spiaggia in balia degli agenti atmosferici. Le onde si infrangono sui loro scafi, la pioggia batte sui loro ponti, la salsedine corrode travi e bulloni e a volte anche la vegetazione prende possesso delle loro cabine.
Il relitto invaso dalle piante di Homebush Bay a Sydney, in Australia, foto di Brad Pearson
Abbandonati a se stessi, oggi i relitti sono delle attrazioni turistiche per migliaia di curiosi. Tanto più se la loro cornice è una spiaggia candida bagnata da un mare turchese. Ma in realtà l'interesse è una curiosa alchimia tra la nave in se, la sua posizione in acqua o sulla spiaggia, e la baia che la ospita. Per non parlare della storia del naufragio: quando ce n'è una, una vicenda banalissima assume connotati epici nella fantasia dell'osservatore, che valorizza il relitto più di quello che era un tempo.
Il mercantile naufragato sulla spiaggia di Zacinto, foto di Paolo Rosa
Prendiamo la spiaggia del Navaghio, a Zakynthos, una delle isole più famose della Grecia. È accessibile solo via mare, un piccolo tratto di arena dove un giorno una nave da carico naufragò in balia di una tempesta. L'imbarcazione trasportava clandestinamente delle sigarette e forse solo questo piccolo particolare, unito alla particolare collocazione, basta a creare un alone di magnificenza al relitto.
Il Peter Iredale al Fort Stevens State Park nell'Oregon, foto di Mark Schindler
La Graveyard of the Pacific (cimitero del Pacifico) è un tratto di costa che va da Tillamook Bay nell'Oregon fino a Vancouver Island in Canada. È conosciuta per le sue condizioni di navigazione particolarmente inclementi che mettono in pericolo numerosi imbarcazioni. Centinaia di navi e di vite sono state sacrificate in quella che è considerata una delle zone di commercio navale più difficili. Oggi si possono ammirare numerosi relitti, e il Peter Iredale è tra quelli più visitati grazie alla sua facilità d'accesso.
La S.S. Maheno a Fraser Island, in Australia, foto di Michael Dawes
Navi che rendono un onorato servizio per decenni vengono addirittura abbandonate per essere troppo obsolete. Fu questo il destino della S.S. Maheno, una nave di linea di lusso che operava collegamenti con la Tasmania. Fu in seguito insignita del titolo di nave ospedale durante la I e la II Guerra Mondiale, per ritornare successivamente ai fasti delle origini. La sua fine decretata forse non rende giustizia alla sua brillante carriera, ma sicuramente il relitto, naufragato a causa di un grosso ciclone, è oggi un monumento in suo onore.
La MS Olympias ad Amorgos, nelle Cicladi, foto di Jens Auer
Altre navi hanno addirittura il privilegio di diventare dei set cinematografici naturali. Successe alla MS Olympias, nell'isola di Amorgos, nelle Cicladi. Quest'isola fu il set principale del film di Luc Besson del 1988 "Le Grand Bleu", dove appare anche questa nave incagliata a pochi metri dalla costa rocciosa dell'isola greca. La scena vede uno dei protagonisti, Jean Reno, immergersi per andare a cercare un tuffatore rimasto bloccato sott'acqua.
Relitto al porto di Ushuaia, sud dell'Argentina, foto di Teo Romera
Ma quando la presenza di quei resti in rovina non ha un'origine, ecco che il fascino del mistero prende il sopravvento sul resto, conferendo a un ammasso inanimato uno status leggendario. Da dove veniva? Qual era la sua missione? Com'è naufragato? Quanti uomini portava a bordo? Sono sopravvissuti? Queste e tante altre domande potrebbero suscitare l'immagine di queste carcasse; ma ormai non sono più nient'altro che parti del panorama che vuole essere ammirato dal turista desideroso di un ricordo da immortalare in una foto.
[In apertura: un relitto a Point Reyes, in California, foto di Orin Zebest]