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Francesca Di Pietro: “Ecco le 4 tipologie di viaggiatore” | Vita da travel blogger #2

La travel blogger Francesca Di Pietro ci parla di come ha saputo unire le sue più grandi passioni, la psicologia e i viaggi. Spalancandoci un mondo inaspettato: quello della psicologia turistica e del travel coaching.
A cura di Angela Patrono
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Francesca Di Pietro.
Francesca Di Pietro.

Francesca Di Pietro è la dimostrazione di come la passione per i viaggi possa diventare una professione a tutti gli effetti. Travel blogger attiva e dinamica, Francesca è anche una psicologa sociale specializzata in psicologia turistica, ossia quella branca della psicologia che studia il comportamento dei viaggiatori. I suoi blog colpiscono per lo stile allegro e informale, ma ricco di informazioni: Chetiporto ospita racconti di viaggio e notizie utili, mentre Viaggiare da soli è un vero vademecum per chi vuole affrontare un viaggio in solitaria, armato solo dello stretto indispensabile e di tanta apertura mentale. L'interesse verso l'aspetto psicologico del turismo ha portato Francesca a diventare una travel coach, per aiutare ogni turista a vedere il viaggio come un percorso interiore, superando blocchi e paure e raggiungendo la realizzazione personale. Per chi volesse saperne di più, dal 21 al 23 novembre Francesca organizzerà un workshop sul travel coaching all'Hotel Eremito in Umbria. Nel frattempo, ci ha regalato un'intervista in cui ci ha parlato di lei e delle sue passioni.

Sei una figura di riferimento nell’ambito della psicologia turistica. Come nasce l’interesse verso questa branca della psicologia ancora poco nota in Italia?

Sono stata sempre una grande viaggiatrice e inevitabilmente mi sono fatta la nomea di “psicologa dei viaggi”. A questo punto ho pensato che poteva essere una buona idea da approfondire. Ho iniziato a fare delle ricerche sulla personalità dei viaggiatori e ho perfino presentato un progetto all’Ordine degli Psicologi, che però, essendo un po’ tradizionalista, non concordava su determinati punti da me suggeriti. In seguito, quando ho lasciato il mio vecchio lavoro, ho iniziato a viaggiare di più e ho svolto una ricerca autofinanziata sulla personalità dei viaggiatori per verificare le mie ipotesi. Ho portato i risultati sia alla Sapienza che all’Università di Padova, e finalmente il mio lavoro è stato pubblicato. Grazie alla pubblicazione ho decisamente guadagnato in credibilità, così ho iniziato a portare avanti diversi tipi di progetti basati sulla psicologia del turismo.

La personalità gioca davvero un ruolo di spicco nella scelta di un viaggio?

Assolutamente sì, soprattutto per il modo in cui le persone soddisfano le proprie aspettative. Un determinato viaggio non va bene per ogni tipo di persona. In genere l’industria divide il mercato in base a segmentazioni economiche o criteri familiari, invece esistono anche segmentazioni di ordine psicologico. Ad esempio, una persona molto empatica avrà esigenze diverse rispetto a una persona emotiva o pragmatica. Bisogna organizzare il viaggio in base ai bisogni dettati dalla personalità.

Hai individuato quattro tipologie di turista. Puoi elencarci in breve quali sono e che tipo di viaggio consiglieresti per ognuno di loro?

Ogni cluster si basa su sette tratti di personalità. I quattro cluster che ho individuato sono:

  • Viaggiatore autocentrato in fuga, pessimista e controllato, amante della sicurezza, in cerca di relax, preferisce affidarsi ai tour operator;
  • Viaggiatore socio/adrenalinico, socievole, amante del divertimento e dei tour itineranti;
  • Viaggiatore sognatore/emotivo, cerca esperienze originali ed emotivamente coinvolgenti, ama i contatti umani;
  • Viaggiatore programmatore/introverso, meticoloso e riflessivo, sceglie per lo più i viaggi organizzati.

Per quanto riguarda il consiglio del viaggio, non bisogna puntare su una meta diversa in base alla persona, ma nel consigliare la stessa destinazione in maniera differente. Si tratta, insomma, di vendere un pacchetto uguale a persone che hanno esigenze di personalità differenti. Cambia la strutturazione della proposta, non la scelta della destinazione.

Oltre che psicologa turistica, sei una travel coach. In cosa consiste il tuo ruolo?

Il travel coaching è un percorso di life coaching associato al viaggio. È, in breve, un cammino di crescita che usa la metafora del viaggio. Attraverso telefonate e mail, si lavora insieme su un viaggio da intraprendere, curando prima la parte pre-viaggio – quindi lavorando su ostacoli, limiti, pregiudizi che l’idea di un viaggio da solo può portare – poi sull’organizzazione e la strutturazione di un cammino mirato. Di solito le persone che vogliono fare un viaggio da soli hanno una domanda dentro di sé. Io lavoro su questa domanda e cerco di fare in modo che nel viaggio le persone trovino la risposta. Bisogna lavorare su obiettivi chiari e misurabili, in modo che riescano a raggiungere lo scopo principale.

Quali sono state le più grandi soddisfazioni come travel coach? Hai degli episodi da raccontare in cui delle persone hanno aperto la loro mente grazie a un viaggio e al tuo coaching?

Sì, alcune di loro si sono addirittura trasferite all’estero. Mi sono poi spesso occupata di persone che attraversavano momenti di smarrimento, o che magari stavano affrontando una fase complicata della vita. Arrivate intorno ai 35 anni, queste persone non sapevano più che direzione prendere: a quest’età, in effetti, se le cose non sono andate in un certo modo, può assalirci lo sconforto. L’importante è capire che si ha bisogno di un cambiamento. Io le ho aiutate a trovare la propria strada ed è stata ogni volta un’esperienza gratificante.

Cosa consiglieresti a una donna che vuole viaggiare da sola? È davvero rischioso come il senso comune vuole farci credere?

Assolutamente no, per niente. Il mondo pensa che la gente sia pericolosa, ma la maggior parte delle persone si aiutano a vicenda invece di aggredirsi. Ovviamente bisogna avere un minimo di accortezza. Ci sono delle regole fondamentali che valgono sia per le donne che per gli uomini: mai ostentare ricchezza e oggetti di valore; se il quartiere non è particolarmente sicuro non è il caso girare da soli di notte, meglio prendere un taxi. Nel caso specifico, quando una donna viaggia in solitaria deve tenere un profilo basso, specialmente dal punto di vista sessuale. Mai essere provocanti o maliziose con gli sconosciuti, mai andare in posti che trasmettono sensazioni poco piacevoli. Ultima importante raccomandazione, non ubriacarsi e non usare droghe.

Quali sono personalmente i viaggi in cui hai superato dei preconcetti? Un’esperienza di viaggio in cui ti sei detta “No, questo proprio mai!” e invece l’hai fatto?

Non ho grossi preconcetti sulle destinazioni, ma sulle attività da praticare in viaggio. Alle persone che fanno un percorso con me dico che molto spesso si ha un’idea di noi stessi non aderente a quella che è la realtà. Ad esempio, io ho sempre pensato di essere una persona cerebrale, interessata più alle destinazioni culturali (piene di musei, chiese, storia, letteratura) che alle attività sportive. Sicuramente sono così, ma nel corso dei miei viaggi mi sono scoperta una cosiddetta adventure traveller. Oggi pratico tantissimi sport in viaggio, anche quelli che non vorrei fare o mi spaventano, come ad esempio il parapendio o il kitesurf! Ho provato surf, rafting, parapendio, caving… Tra l’altro, per molto tempo sono stata terrorizzata dall’idea di fare immersioni. Ho perso una persona molto cara in mare: questo mi ha bloccato. Non volevo immergermi con le bombole per paura di un attacco di panico, poi ho iniziato a viaggiare in tanti paesi che hanno un mare stupendo… e non ho resistito! Oggi ho superato totalmente questa paura, tanto che il diving è diventato il mio sport principale e perfino il nuovo progetto che sto portando avanti sul mio sito, dove ho aperto una sezione sulle immersioni. Qualcosa che era nato come una paura è diventato una grande passione.

Viaggiando da sola, quali sono state le esperienze in cui hai dovuto adattarti e vedere le cose da un’altra angolazione?

Ho imparato a dormire in amaca e a farmi la doccia senza acqua corrente, con la tinozza. Ma queste cose non mi sconvolgono più di tanto, perché sono una persona molto adattabile.

Parlando di viaggiare da soli, qual è per te il luogo-simbolo della solitudine, dove si respira la pace assoluta?

Non sono una tipa “Into the wild” e non cerco la solitudine a tutti i costi. Tutti i paesi offrono quello che cerchi, dipende dagli occhi con cui li guardi.

Leggo sul tuo profilo Twitter che hai visitato 53 paesi. Qual è il luogo dove ti sei sentita più a casa?

Sicuramente l’America Latina. Ci vado due volte all’anno, per me è una seconda casa. Il Messico, in particolare, è il paese al quale sono più legata emotivamente.

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