Roccacaramanico, storia del paese che non c’era
C'era una volta un paese che non c'era. O meglio che era stato ma non c'era più. Però c'era ancora, e c'era ancora chi voleva che ci fosse. Ma che favola è questa? Non un'opera di fantasia, bensì pura realtà: la storia di Roccacaramanico, un paese fantasma della nostra bella Italia. Nel bel mezzo del Parco Nazionale della Majella sorge questo piccolo borgo, una rocca come si evince dal nome, che nell'immaginario fiabesco potrebbe essere un castello. E come tale un tempo era abitato da famiglie reali, quando questo paesino era una terra ricca e fertile. Proprio una storia da raccontare ai bambini, se vogliamo: il passato vede infatti un lungo periodo glorioso, prima che si avvicini il momento oscuro dove nuvole grigie si addensano sul nostro paese. Come ogni favola che si rispetti, però, anche questa ha un lieto fine.
Foto di Ra Boe
Roccacaramanico si trova in Abruzzo, a 1.080 metri d'altitudine. È frazione del comune di Sant'Eufemia a Maiella, anche se un tempo era un borgo che viveva di vita propria. Nonostante non si trovi a quota elevatissima, una delle sue caratteristiche principali è l'intensa nevosità: detiene infatti il record storico per la più grande nevicata mai avvenuta nel nostro paese, con 10 metri nel 1929. Un altro record è quello che nel 1961 gli ha visto cadere 365 cm di neve in 24 ore. In ogni caso, ogni anno il manto bianco è garantito, con una media di 3 metri durante tutta la stagione invernale. È proprio il monte Majella a garantire questa continuità: la sua presenza alle spalle del paese blocca le fredde correnti e le fa risalire causando le condizioni per le precipitazioni. Anche se il massiccio impone la sua maestosa figura su questa parte della regione, è al monte Morrone che guarda direttamente Roccacaramanico: più piccolo con i suoi 2.061 metri (rispetto ai 2.793 della Majella), ma figura di spicco nel panorama che si può ammirare dal paese. Che può vantare un altro primato: quello di essere il borgo più alto di tutta la provincia di Pescara.
La storia di Roccacaramanico parte proprio dal suo nome. La parola rocca all'inizio identificava la rupe su cui si situava il borgo, com'è abitudine nei toponimi "pietrosi" abruzzesi. Solo secoli dopo identificava la fortificazione: la sua posizione strategica era evidente e agli inizi, per individuare la sua posizione, ci si riferiva al Castello della Rocchetta. In seguito il paese divenne la Rocca di Caramanico, il paesino a valle al quale è legato da uno stretto rapporto fin dai tempi della fondazione, avvenuta per entrambi gli abitati nell'875. Nel 1520 però fu decretato con documento ufficiale che i due luoghi fossero distinti e separati. La storia del paese segue quella della provincia di Pescara, con le dominazioni delle signorie dei D'Aquino, D'Aragona, D'Angiò, Colonna, fino ad arrivare a quella dei Carafa nel XVII secolo.
Foto di pizzodisevo
A un certo punto della storia, Roccacaramanico comincia a subire gravi colpi. Una serie di terremoti la sconvolgono e la danneggiano: nel 1627, nel 1703, e nel 1706. Nella seconda metà del Settecento il massiccio disboscamento per estendere i pascoli fece sparire molti boschi. Il periodo dell'invasione del Regno di Napoli portò alla cacciata dei Borbone: bande di briganti devastavano il territorio nella loro lotta contro l'unità d'Italia. L'archivio comunale di Roccacaramanico fu incendiato, e sono spariti per sempre documenti importanti sulla sua storia: per questo ora gran parte del suo passato è avvolta nel mistero. Una luce nuova si affacciò sul borgo agli inizi del XIX secolo: il feudalesimo fu abolito e Roccacaramanico fu dichiarata comune libero. Essa si manteneva autonomamente grazie a un'economia agro-pastorale che forniva tutti i beni necessari ai suoi abitanti. Purtroppo tale stato di felicità non era destinato a durare.
L'avvento della società industriale portò molti a cercare nuove ricchezze all'estero: fu massiccia la migrazione verso il continente americano e australiano, e la società agricola perse i suoi valori. Nel frattempo nel 1915 un altro terremoto colpiva Roccacaramanico. Il paese dimostrò di non essere più autosufficiente e il re Vittorio Emanuele III lo accorpò al comune di Sant'Eufemia a Maiella. Lo stesso sovrano però lo utilizzava come sua riserva di caccia personale, soggiornando in quella che era la sua casa più grande. Le migrazioni però continuavano, soprattutto a causa di una cattiva gestione della cosa pubblica e di un aumento generale del costo della vita, che accrebbe la situazione di povertà. Fino a quando negli anni Settanta rimasero solo 8 famiglie, per ridursi poi a 4 persone negli anni Ottanta. L'ultima abitante era la vecchia Angiolina, che come gli ultimi superstiti mai avrebbe abbandonato quel posto: e infatti là vi morì.
Un finale triste per la nostra storia? Non proprio. Prima di morire, Angiolina fu protagonista di una trasmissione televisiva di Raffaella Carrà, che fece conoscere quella piccola frazione dimenticata all'Italia. Roccacaramanico, già dagli anni Settanta, aveva cominciato a mostrare segnali di recupero: infatti godeva di una sorta di turismo saltuario, che vedeva alcune persone recarvisi nei week end o durante la stagione estiva. Questa frequenza è diventata sempre più assidua a partire dagli anni Novanta: sempre più persone hanno cominciato a manifestare interesse verso il borgo. Molti sono arrivati, hanno acquistato case antiche e vecchi ruderi, rimettendoli a nuovo e creandosi la loro seconda abitazione per le vacanze in montagna. La ricerca di tranquillità, di fuga dallo stress cittadino, non poteva trovare scenario migliore in questo pezzo di terra incontaminato, lontano dalle preoccupazioni della vita quotidiana e immerso in un paesaggio naturale fantastico.
Lo stesso comune di Sant'Eufemia a Maiella ha attivato degli interventi di recupero. La cinquecentesca chiesa di Santa Maria delle Grazie è ritornata al suo splendore; mentre la chiesa di Sant'Antonio Abate, già in passato municipio e poi scuola elementare, è diventata sede del Museo Etnografico "Marcello M. de Giovanni", aperto tutto il mese di agosto. Altre opere di restauro hanno coinvolto la gradinata panoramica che parte da piazza Maiella, al termine di corso Umberto, per arrivare alla Rupe, il punto più alto del borgo: nel farlo segue un percorso che costeggia gli antichi edifici del paese e termina in un bellissimo panorama sul massiccio e tutta la valle sottostante. Nel frattempo, tutte le persone che hanno acquistato e riammodernato la loro casa hanno ridato vita al paese, anche se solo per brevi periodi. Ufficialmente Roccacaramanico non ha abitanti, ma c'è chi ci passa qui anche sei mesi continuativi all'anno. E i nuovi roccolani hanno costituito un gruppo per difendere quella terra che ormai sentono come la loro casa.
Foto di pizzodisevo
L'Associazione Roccacaramanico si impegna per restituire al borgo la dignità di un tempo. È in estate che il paese prende vita, ed è proprio in agosto si svolge l'evento più importante: il Festival di Roccacaramanico, ovverosia la Notte Bianca. Esso si svolge dal 2011, e per due anni con grande accoglienza di pubblico. Partendo dalla sera di sabato si è proseguito fino alla domenica sera successiva. Tra stand enogastronomici e d'artigianato con i prodotti tipici abruzzesi, concerti con artisti nazionali, convegni e dibattiti, cabaret e altro la notte più calda del borgo è un susseguirsi di eventi. Il programma in entrambi anni ha previsto una messa speciale in onore di papa Celestino V, che scelse il monte Morrone e la Majella per il suo eremitaggio. E proprio l'associazione si fa portavoce di una proposta: quella di avanzare la richiesta all'Unesco di inserire gli eremi celestiniani della Majella e del Morrone nella lista dei Patrimoni dell'Umanità. Per il momento Roccacaramanico ha ottenuto un altro riconoscimento: quello di Meraviglia Italiana, conferito ad altri 500 luoghi in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia.
Anche durante l'inverno Roccacaramanico è una meta perfetta per una settimana bianca. E come potrebbe essere altrimenti con tutta la neve che cade? Gli amanti dello sci possono scegliere di rilassarsi nella tranquillità del borgo, per poi andarsi a scatenare sulle piste della Majella chietina: sia gli impianti sciistici di Passo Lanciano e Maielletta che quelli di Pizzoferrato e Gamberale si trovano a poco più di 50 km di distanza, circa un'ora in auto. In estate invece lo stesso Parco Nazionale della Majella è una miniera per gli escursionisti, che possono immergersi nei numerosi sentieri e attraverso le varie riserve. La possibilità di entrare in contatto con la ricca fauna abbruzzese, costituita da una nutrita varietà di mammiferi e uccelli è notevole. La valle dell'Orta merita una passeggiata per costeggiare le sponde del fiume omonimo, che scava un canyon separando i territori del Morrone da quelli della Majella. Nei dintorni il centro turistico più vicino è quello di Caramanico Terme (13, 6 km), frequentato proprio per i suoi stabilimenti termali. Non molto distante vi è la città di Sulmona (33,7 km), conosciuta per il suo bellissimo centro storico e la fabbricazione di confetti.
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Per arrivare a Roccacaramanico da qualsiasi direzione occorre prendere l'autostrada A25 per Pescara e uscire ad Alanno/Scafa. Da lì si procede sulla SS5 Tiburtina in direzione Scafa, per poi proseguire sulla SS487 in direzione Caramanico Terme. Arrivati a Sant'Eufemia a Maiella si va oltre per la frazione di San Giacomo e si prosegue diritto fino al bivio che porta a Roccacaramanico. Per chi arriva in treno la stazione più vicina è quella di Scafa S.Valentino-Caramanico Terme, nel comune di Scafa, a 31 km. In alternativa ci sono quelle di Chieti (50 km) e Pescara (64 km). Le tre stazioni sono tutte servite dai bus dell'Arpa, che operano collegamenti diretti con Sant'Eufemia. Per chi arriva in aereo, l'aeroporto di riferimento è quello di Pescara: ci sono voli di linea dell'Alitalia (Milano-Linate) e della Air Vallée (Torino), mentre la low cost Ryanair opera voli stagionali da Cagliari. Qualsiasi sia il mezzo che prenderete, avventuratevi in questo piccolo viaggio: per scoprire la meraviglia di un paese che c'è stato, c'è e si spera ci sarà ancora per molto. Fino al lieto fine.