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Aeroporti italiani: internazionali e bonsai

Voli civili, militari, di linea, cargo, charter, aerotaxi, low cost… le mille realtà degli oltre cento scali nazionali. Una realtà plurima e forse superflua sulla quale potrebbe forse calare il sipario.
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Aeroporto di Torino-Caselle

Non ci si spiega come un paese così piccolo come l'Italia abbia bisogno di così tanti aeroporti. Da un lato è vero che sotto ogni pietra, dietro ogni casa, e anche nel mezzo di una campagna il nostro paese nasconde un monumento o un sito da visitare: ciò che rende ogni piccola città del nostro paese una meta virtualmente irresistibile. E fattivamente, lo è: conosciamo bene il patrimonio artistico che risiede nella nostra penisola. Ma non basta ciò a smuovere il traffico aereo. L'Italia conta principalmente su due hub importanti, Malpensa e Fiumicino, che da sole riescono a coprire il traffico di un intero paese sul cui territorio è molto più agevole spostarsi in auto o in treno. Nondimeno, ogni regione possiede una nutrita schiera di aeroporti che servono il traffico nazionale: ma lo servono davvero?

Aeroporti italiani

Aeroporto di Milano Malpensa, foto di Lorenzaccio

Aeroporti internazionali. È giusto che ogni capoluogo di regione possegga il suo aeroporto, al quale si affianchi un altro, o altri due se la regione è abbastanza grande e sviluppata, per costituire un polo aeroportuale. Oltre a citare i due principali, come la triade Malpensa-Linate-Orio al Serio, e la coppia Fiumicino-Ciampino, ricordiamo anche l'importanza del gruppo veneto costituito da Venezia-Verona-Treviso. Abbiamo quindi due grandi aree del nord, e una centrale coperte da voli di linea internazionali. In Toscana ci pensano Firenze e Pisa a fare il grosso, mentre in Emilia Romagna si contano ben quattro scali internazionali: Bologna, Rimini, Parma e Forlì. L'aeroporto di Lamezia Terme e quello di Reggio Calabria gestiscono il traffico della punta dello stivale, mentre Brindisi e Bari si dividono il tacco. Anche le isole sono attrezzate bene: Sicilia con Palermo e Catania, Sardegna con Olbia, Alghero e Cagliari. Ci sono poi, ahimé, casi di aeroporti solitari che non dividono il traffico internazionale della propria regione di appartenenza con altri colleghi: Napoli per la Campania, Genova per la Liguria, Trieste per il Friuli-Venezia Giulia, Ancona per le Marche, Pescara per l'Abruzzo, Torino per il Piemonte, Aosta per la Valle d'Aosta. Il Trentino opera solo voli nazionali. Basilicata e Molise non sono nemmeno equipaggiate.

Aeroporto di Perugia

Aeroporto di Perugia, foto di Perugia-City

Hub e city. Abbiamo contato 30 scali internazionali. Sapete quanti sono in tutto gli aeroporti in Italia? 118. Più o meno, sì, bisogna vedere se considerare o meno anche gli scali militari adoperati per addestramento (club di volo). Altri operano solo voli sul territorio nazionale, voli charter, servizi di aerotaxi; altri ancora sono destinati al traffico merci. Ognuno ha insomma una ben precisa funzione. Quello che lascia perplessi è in realtà la reale funzione degli aeroporti citati nella lista precedente: gli internazionali insomma. Molti di questi aeroporti effettuano sì collegamenti oltre i confini italiani, ma sono pochi e alcuni di questi sono anche stagionali. Altri invece, complice l'affermarsi delle compagnie di voli low cost, sono stati scelti per essere base di rilievo di vettori economici: è il caso di Bergamo, Brindisi, Catania o addirittura Pisa, che ormai rivaleggia per numero di presenze con la vicina Firenze.

Aeroporto Corrado Gex di Aosta

Aeroporto di Aosta, foto di Doc. Di0

Aeroporti bonsai. Si dà il caso, però, che non tutti gli aeroporti italiani riescano a mantenere un flusso costante di passeggeri. Anzi, alcuni addirittura raggiungono solo il migliaio di presenze l'anno: è il caso di Siena, ad esempio. Per questi scali è stata coniata l'espressione di "aeroporti bonsai". Non pensate che sia un fenomeno tutto italiano: se ne contano a centinaia negli Stati Uniti, e in Spagna la situazione non è molto differente. Il problema è emerso quando alcune amministrazioni in crisi, come quelle dei due paesi sopracitati e, naturalmente, la nostra, si sono rese conto che le spese per mantenere attivi questi aeroporti non sono giustificate dalle entrate. E quando i governi cercano soldi, la prima cosa che tentano di fare è tagliare le spese superflue: ecco quindi che la scure si abbatterebbe sulle decine di piccoli scali il cui traffico è così ridotto da far sbadigliare gli addetti aeroportuali.

Aeroporto di Roma Fiumicino

Aeroporto di Roma Fiumicino, foto di Doug

Crisi e tagli. Le vittime sarebbero indifferentemente sia quelli che possono fregiarsi del titolo di internazionali, sia quelli che devono accontentarsi di una più modesta classificazione city: come dire, di fronte alla morte siamo tutti uguali. Ecco quindi che in Italia nel mirino finiscono ben 24 aeroporti, tra i cui nomi spiccano anche quelli più blasonati come Parma e Ciampino, al pari di altri sconosciuti come Cuneo e Brescia. Proteste campanilistiche si levano su tutti i fronti, come è lecito attendersi sia da parte di addetti ai lavori, che di chi probabilmente nella struttura aeroportuale vede anche un'identità della propria terra. Ma c'è da chiedersi, per ritornare alla domanda postaci all'inizio: il nostro paese ha davvero bisogno di tutte queste piste d'atterraggio?

[In apertuta: aeroporto di Torino, foto di Raffaele Sergi]

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