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Fusione dei piccoli borghi, i sindaci contestano la proposta di legge

I sindaci dei piccoli borghi si battono contro la proposta di legge sulla fusione dei Comuni con meno di 5.000 abitanti. L’obiettivo è quello di evitare drastici tagli e di conservare la propria identità territoriale.
A cura di Angela Patrono
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Veduta di Tonara (Foto Wikimedia Commons)
Veduta di Tonara (Foto Wikimedia Commons)

Dopo l'abolizione delle Province, il Parlamento punta a smantellare anche i piccoli borghi attraverso una proposta di legge. Ma i primi cittadini non ci stanno e si battono contro il provvedimento. A rischio sarebbero 103 Comuni, obbligati a fondersi in realtà più grandi per ragioni di risparmio e per una maggiore rapidità nell'erogazione di servizi. Attualmente la proposta di legge è confinata nella commissione affari costituzionali della Camera, ma i sindaci non stanno a guardare.

Per dire no alle fusioni obbligatorie, i rappresentanti dei piccoli borghi si sono dati appuntamento la settimana scorsa a Volterra. Uno dei primi a contestare l'infausto provvedimento è Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, borgo di 2.646 abitanti della provincia di Rieti, e fondatore dell'Associazione Comuni dimenticati che conta circa 150 adesioni sparse per la Penisola. Anche i primi cittadini di Comuni più estesi, come la stessa Volterra che conta 11.000 abitanti, prendono le parti dei piccoli centri sostenendo la necessità di investimenti e non di tagli per evitare la fuga dai borghi di ridotte dimensioni. Gli fa eco Flavia Loche, sindaco di Tonara, comune di 2.008 abitanti in provincia di Nuoro: negli ultimi dieci anni il suo paese ha perso 700 unità. Sul fronte opposto l'onorevole Emanuele Lodolini, firmatario della proposta, è consapevole del polverone sollevato:

La mia voleva essere in un certo modo una provocazione, abbiamo progettato la fusione obbligatoria per i Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti per fissare un tetto, ma abbiamo ipotizzato di lasciare due anni di tempo per decidere come e con chi, altrimenti procederanno le Regioni. Conosciamo l'importanza dei Comuni nella gestione dei territori e vogliamo rafforzarli, dare loro più risorse e metterli in grado di gestirle meglio. Del resto la fusione è premiata con finanziamenti già nella legge di stabilità.

Lodolini riprende il discorso accennando a Trecastelli, in provincia di Ancona, sorto dalla fusione di tre borghi distinti. Secondo l'onorevole PD, l'iniziativa sarebbe andata a buon fine in termini di gestione delle risorse e di riduzione delle tasse. E se circa 200 Comuni italiani hanno già volontariamente deciso di accorparsi, molti sindaci si oppongono all'iniziativa, rifiutando un'imposizione voluta dall'alto che non tiene conto delle differenze peculiari tra i singoli Comuni. Per questo la strada sembra ormai tracciata verso un "compromesso": non più la fusione ma l'unione tra borghi, ipotizzata dallo stesso Lodolini. L'Anci, Associazione nazionale dei Comuni italiani, ha presentato una proposta al Governo per riorganizzare gli 8mila comuni italiani in 1.500-1.700 Unioni dei Comuni. A differenza della fusione, l'unione permetterebbe a sindaci e consigli comunali di restare in carica.

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