I diari del monopattino, giorno 17 (ultima tappa): a Dublino dopo 1700 km
Giorno 16: da Glendalough a Dublino
Chilometri percorsi: 100 km
Questa è una di quelle mattine che fatichi a realizzare, che giorno è oggi? È davvero l'ultimo! Mi sveglio alle 5, perché prima di puntare a Dublino il parco offre molte strade interessanti e questo ultimo giorno voglio viverlo intensamente. Ancora una volta nascondo le borse, per visitare in maniera leggera ed essere più veloce. Percorro la prima strada prevede una lunga salita e discesa attraverso la foresta per poi ricongiungersi nel circuito dei laghi. Il silenzio è tombale, gli animali dormono ancora, l'unico rumore è il mio perpetuo calciare a terra. È uno di quei suoni che finisce per caratterizzare il viaggio, si tatua nei ricordi, come fosse la colonna sonora di quest'avventura.
Essere da solo in mezzo a una foresta potrebbe essere spaventoso e invece è paradossale quanta tranquillità riesca a trasmettere, fino a quando sono nuovamente sul lago, ne approfitto per fare di nuovo il circuito. Mi fermo sulla spiaggia del Upper Lake, non c'è nessuno, mi siedo, le onde sono leggere e l'unico rumore è il vento. Sarebbe bello stare qui un paio d'ore, ma non è da me, e mi rimetto in marcia per salire sul Wicklow gap. La salita senza il peso delle borse non si avverte quasi, in un oretta sono su, ma non riesco a godermi il panorama, è il momento di tornare a prendere le borse e chiudere quest'avventura. Arrivo alle borse verso le 10, dopo aver percorso 30 km, carico il monopattino e si parte. Ho due scelte, una facile discesa fino a Dublino o allungare sul Sally gap e seguire la Military road. È una scelta fin troppo facile, sto già percorrendo la salita per il Sally gap, la strada è molto boschiva, ci sono anche un paio di cascate, prima di arrivare alle ben più importanti cascate di Glenmacnass.
L'acqua cade rovinosa lungo le rocce e nel contempo io spingo il monopattino lungo la ripida salita, in un gioco dei contrari. In cima, mi giro, scruto la vallata con il fragore dell'acqua come sottofondo, ma la strada alle mie spalle sale ancora, se pur la cascata è bella nulla mi può preparare a quello che i miei occhi vedranno a breve. Salgo ancora seguendo il ruscello e quando il panorama si apre, il respiro mi manca, sono sempre in cerca di un paesaggio completamente differente da ciò che ho visto, e quello che sto vedendo lo è. Quando pensavo che l'Irlanda non potesse più sorprendermi, lo fa, una lunga strada si perde tra colline di colore violaceo, con un ruscello di colore rossastro a dipingere una linea nel viola e il cielo di un blu intenso in contrasto con tutto il resto. I fiori viola, ricoprono completamente il terreno creando un contrasto di colori che non avevo mai visto prima. Con difficoltà procedo, mi volto dietro, a sinistra e a destra, cerco un segno di realtà per capire se sto sognando.
Come in un sogno, nonostante la salita, non avverto fatica, non avverto il tempo, mi perdo, la mia mente si perde. Devo essere in un altro pianeta, guardo in alto, almeno il cielo è sempre blu, ed è cosi che noto un uccellino. Completamente fermo in aria, lotta contro il vento, non demorde, continua a spingere contro il muro, è fermo nello stesso punto, non va avanti, ma nemmeno indietreggia, con un sorriso ripenso a quel giorno in cui la tempesta nel Burren mi mise nella stessa situazione. Continuo a seguire la Military road, con una breve discesa attraverso un piccolo tratto alberato, poi dopo un altra salita il paesaggio si fa ancora più desertico. Solo tre colori, il viola dei fiori, il giallo delle sterpaglie e il blu del cielo. La strada segue sinuosa il susseguirsi delle colline, mi siedo su una roccia lungo la strada per fare una breve pausa. Poi altri 20 km in questo paesaggio che pur ripetendosi non stanca mai. Quando mi trovo difronte ad una lunga discesa penso sia l'ultima e mi lancio tra le sue rapide curve, senza frenare e seguendo il vento con il corpo per non farmi sbalzare fuori strada. Ma al termine, ritrovo una lunghissima salita, ben visibile e sviluppata per 2 o 3 km. Inizio a spingere il monopattino ed essendo rettilinea abbasso lo sguardo per non sentirne il peso, fino a chiudere gli occhi, tanto se continuo a sentire le sterpaglie sulla gamba sinistra sto andando dritto.
Potremmo ribattezzarla la salita dei ricordi, perché torno indietro, ai dubbi prima del viaggio, alle certezze acquisite i primi giorni, alle discese nella nebbia, alle lotte con il vento, ai momenti in cui mi sono perso e a quelli in cui mi sono ritrovato. Ritorno al Conor Pass, sulle scogliere, tra le montagne del Kerry, a quel giorno in cui bloccato da un tendine feci 75 km su una gamba sola, pur di non fermarmi, rivivo tutto il viaggio in 3km. Poi il mio piede va a vuoto, la salita è finita, sono in cima. Un accenno di vallata si fa visibile, ma è nascosta da un tornante. Mentre mi ci avvicino sento un brivido, ho la sensazione che ci sono, una strana emozione mi attanaglia. Quando il tornante non mi blocca più la vista, la vedo, è Dublino, e quell'emozione che mi stringeva si scatena, è un sentimento di liberazione. La paura di non farcela, di deludere me stesso, avere la triste conferma che sognare l'impossibile è una mera disillusione, ma Dublino è lì, io le sono difronte, il monopattino è con me, il cielo è sempre blu, è tutto vero.
In quel magico momento quell'uccello bloccato dal vento, ha spiegato le ali ancora una volta ed è volato leggero tra le raffiche, in quel momento la realtà è diventata meno tangibile, tanto da tornare bambino, quando credevi che saresti diventato un calciatore, un pilota, o un attore. Quando non eri tu ad abituarti alla realtà, ma era la realtà a doversi abituare a te. Libero, discendo fino a Dublino, al raggiungimento dei 100 km mi fermo e cerco un posto per dormire o per svegliarmi, al momento sono in un ossimoro, come un sogno sveglio. La mia avventura si conclude qui, dopo 1700 km in 17 giorni, ogni avventura mi ha insegnato qualcosa, l'Irlanda mi ha insegnato che non si è mai troppo grandi per smettere di sognare!