Non è un effetto ottico: la casa “ubriaca” si trova in Polonia
A Sopot, in Polonia, si trova un edificio che vi farà dubitare della vostra sobrietà. Osservando la forma storta della casa vi interrogherete sul tasso di alcool presente nel vostro sangue. Non per niente la Krzywy Domek ("casa storta" in polacco) viene definita "casa ubriaca"! Sembra l'illusione ottica di uno specchio deformante o una creazione del nostro mondo onirico. In realtà questa follia architettonica è più concreta che mai. Con la sua facciata ricurva, è una delle sette meraviglie segrete della Polonia, capace di attirare ogni anno numerosi turisti. Progettata dagli architetti Szotyńscy & Zaleski, la casa storta ha qualcosa in comune con le costruzioni surreali del celebre architetto Antoni Gaudì. Le sue linee curve e sinuose danno alla struttura un aspetto malleabile e duttile, come se stesse per sciogliersi.
La componente fiabesca è molto forte in questo edificio. Gli architetti si sono ispirati alle illustrazioni dell'artista Jan Marcin Szancer e del poeta Per Dahlberg, noti soprattutto nella letteratura per bambini. La sua forma originale fa invidia a tutte le altre case inclinate nel mondo. A essere curva non è semplicemente la facciata, ma anche porte e finestre hanno un tratto irregolare. Oltre ad ospitare appartamenti residenziali, la "casa ubriaca" è sede di un centro commerciale con negozi e ristoranti che di sera si trasforma, diventando un luogo di ritrovo per giovani grazie ai locali e alle discoteche. La sua superficie interna è di 4.000 metri quadrati. Tra le iniziative curiose della casa storta c'è il "Wall of Fame", su cui gli ospiti invitati agli eventi possono mettere la propria firma. Inoltre la Krzywy Domek è l'edificio più fotografato in Polonia, mentre il portale "The Village of Joy" le ha attribuito il primo posto nella classifica degli edifici più strani del mondo. Questo luogo pieno di magia è particolarmente suggestivo di notte, quando le sue forme irregolari sembrano risaltare ancora di più con l'illuminazione.
[Foto in apertura di mariusz kluzniak]