Roccapietra, un piccolo gioiello tra arte e leggenda
La nostra penisola è disseminata di piccoli gioielli nascosti, che si lasciano trovare solo da chi sa scovarli con occhio attento e appassionato. Roccapietra è uno di questi. Frazione del Comune di Varallo (VC), questo piccolo borgo conta appena 646 abitanti ma sa stupire per le sue meraviglie artistiche e naturalistiche.
Fiore all'occhiello di Roccapietra è la Cappella della Madonna di Loreto, un luogo intriso di grande spiritualità. Immerso nel verde, l'edificio è una sorta di rifugio spirituale, di tappa intermedia per viandanti in cerca del Divino. Non a caso la cappella si trova a metà strada tra il centro del paese e il Sacro Monte di Varallo, fulcro della fede cattolica in Piemonte. Il nucleo antico della cappella è caratterizzato da un elegante loggiato rinascimentale con elementi decorativi e affreschi attribuiti a Gaudenzio Ferrari. L'artista piemontese realizzò queste opere d'arte tra il 1514 e il 1521. Nella lunetta sulla porta di ingresso troviamo una delicata Natività che presenta l'elemento inedito di un angelo musicale che sorregge e accarezza un tenero Gesù Bambino. Altri splendidi affreschi realizzati dal pittore di Valduggia sono le figure al di sopra dell'altare con l'Angelo Annunziante e la Vergine Annunziata. Tra queste è collocata la statua della Madonna del Latte, in terracotta policroma. Attorno alla lunetta si trovano affreschi di pittori novaresi dell'ambito di Ferrari con Angeli e i Dodici Apostoli. Sulla volta del loggiato troviamo le rappresentazioni artistiche di Paradiso, Purgatorio e Inferno ad opera di Giulio Cesare Luini, allievo di Ferrari. Lo storico dell'arte Giovanni Testori ha ipotizzato che lo stesso Gaudenzio Ferrari, in quel periodo impegnato nelle decorazioni del Sacro Monte di Varallo, abbia progettato l'architettura del loggiato.
Sull'altura che domina Roccapietra svetta il Castello di Santo Stefano. La fortezza ha origini antichissime, essendo stata edificata dai Conti di Biandrate nella prima metà dell'XI secolo. Nel 1374 il castello venne distrutto in seguito alla rivolta dei valsesiani, ma nel 1402 tornò a nuova vita grazie all'intervento di Francesco Barbavara, che aveva ricevuto in feudo la Valsesia da Gian Galeazzo Visconti. Ma il momento di gloria non durò a lungo: con la cacciata di questa famiglia, nel 1415, il castello fu nuovamente distrutto. Oggi non ne rimangono che dei ruderi; sono tuttora visibili un portale, un tratto di muro con feritoie, una piccola cappella absidata e una cisterna. Resti di una fortezza ancora più antica, il Castello di Arian, si trovano poco sopra il lago di Sant'Agostino tra il monte Pianale ed il poggio Cerei.
Proprio il lago di Sant'Agostino presenta un'area di particolare interesse naturalistico, ma non solo. Lo specchio d'acqua ha una lunghezza di circa 300 metri, una larghezza di circa 50 metri ed una profondità tra i 3 ed i 5 metri. Attorno al lago sono fiorite numerose leggende popolari: c'è chi lo crede un ritrovo di streghe o spiriti folletti, o chi ritiene che sul fondo si trovi una botte contenente un tesoro. Tuttavia ciò che lo rende unico è la presenza di una folta comunità di rospi che all'inizio della primavera (o, secondo la tradizione, durante la Settimana Santa) si radunano sulle sue sponde. A cosa si deve questo gracidante convegno? Semplice, gli anfibi seguono il richiamo della natura. Essendo una specie migratoria, i rospi che provengono dai boschi limitrofi si dirigono verso le zone umide adatte all'accoppiamento e al deposito delle uova, trovando un ambiente ideale nel lago di Sant'Agostino. Dopo l'accoppiamento, i rospi tornano nelle zone d'origine lasciando nel lago le uova dove si schiuderanno e nasceranno i girini. Sarà questo il leggendario tesoro nascosto nelle acque del lago?