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Vino, la cantina è in fondo al mare

Conservare il vino nelle profondità marine garantisce eccellenza e qualità del prodotto. Lo dimostrano alcune sperimentazioni condotte in Europa e in Italia.
A cura di Angela Patrono
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Foto di rexromae
Foto di rexromae

Il fondo del mare può diventare una cantina d'eccellenza per il vino di alta qualità. Succede in Francia, dove è stata avviata una particolare sperimentazione enologica. Al largo di San Mandrier, in una località segreta della Costa Azzurra, sono state immerse 120 bottiglie di vino del Batol. Una squadra di sub ha depositato le bottiglie di rosso, bianco e rosè in speciali portabottiglie ancorate alla sabbia a 40 metri di profondità, dove la temperatura è costante, c'è buio completo e umidità assoluta, insomma le condizioni ideali per l'invecchiamento. La selezione sommersa resterà in acqua per 18 mesi e il risultato potrà essere degustato tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017.

Conservare le bottiglie in fondo al mare ha i suoi vantaggi. L'esperimento francese non è il primo nel suo genere. Basti pensare alla cantina Veuve Clicquot, immersa nel Mar Baltico. L'idea è nata nel 2010 dal ritrovamento nell'arcipelago delle Aaland (tra Svezia e Finlandia) di una nave affondata nel 1880. A bordo i sommozzatori hanno trovato 168 bottiglie di champagne verosimilmente diretta alla corte degli zar. Analisi approfondite sulle bottiglie hanno portato al sorprendente risultato: il vino era integro, merito degli alti standard produttivi già da allora praticati. Di conseguenza è stato intrapreso il progetto "A Cellar in the sea", che prevede lo studio e la sperimentazione dell'invecchiamento dello Champagne in fondo al mare nell'arco di 50 anni.

Ma la febbre del vino sommerso ha attecchito anche in Italia. Piero Lugano, titolare dell’azienda vinicola Bisson di Chiavari, è il pioniere italiano della conservazione del vino in mare. Già nel 2009 posò in fondo al golfo di Portofino 6.500 bottiglie di Abissi-Riserva Marina di Portofino.

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