Italiani in vacanza: che vergogna!
"Noi italiani ci facciamo riconoscere dappertutto". Non è il massimo iniziare con uno dei più triti luoghi comuni. Non è nemmeno il massimo quando il luogo comune riflette la realtà. Portare in alto il tricolore all'estero è motivo d'orgoglio. Essere italiani è un vanto e negli altri paesi invidiano molti aspetti della nostra personalità così calda e socievole. Ma non tutti ci amano. Anzi, spesso gli stranieri non ci sopportano o, quando ci va bene, ci deridono. E non possiamo dargli torto quando alcuni italiani – ma necessariamente quelli che si notano di più e che finiscono per rappresentare tutto il paese – sfoggiano in vacanza tutti i lati peggiori del loro carattere. A volte possiamo cascarci anche noi. Quali sono gli atteggiamenti peggiori di noi italiani all'estero? E che tipo di compaesani dovremmo evitare?
Il festaiolo irrispettoso
Uno degli aspetti più simpatici della nostra personalità è che siamo goliardici, allegri, sempre disposti a ridere e scherzare con tutti. Non c'è niente di male, anzi è uno dei nostri lati migliori. Ma, come si suol dire, il troppo stroppia. L'italiano all'estero ingigantisce questo pregio fino a renderlo un insopportabile difetto. Perché è in vacanza, e quindi deve divertirsi di più di quanto faccia normalmente a casa. Continuando però a comportarsi come fosse a casa.
Esempio: un'isola greca qualsiasi, Corfù tanto per fare un nome. Non popolare come la trasgressiva Mykonos, ma tra le mete preferite degli italiani che vogliono passare le loro vacanze in Grecia. Gli italiani però pensano che tutte le isole della Grecia siano come Mykonos: enormi beach party 24 ore su 24 dove poter dare sfogo al proprio animo caciarone in ogni dove. Ecco quindi che si scatena l'inferno: gruppi di ragazzi sbraitanti che fischiano dietro la straniera di turno; auto dai finestrini abbassati che camminano per le vie del centro con musica di dubbia qualità a tutto volume e bassi pompati all'estremo; orde di famelici belve che fanno incursioni nei ristoranti e cominciano a urlare tutte le voci del menù. A Mykonos un quadro del genere si delinea quasi tutta la stagione. Nelle altre isole lo scenario è visibile solo nel mese di agosto. Dopo undici mesi di tranquillità, il caos esplode improvvisamente. E i residenti ci odiano.
Il reclamatore opportunista
Non siamo gli unici con la tendenza a lamentarsi: ma come lo facciamo noi probabilmente non lo fa nessuno. Soprattutto perché alcuni di noi hanno una strategia precisa, per quanto inconscia: prima individuano l'oggetto delle lamentele, e immediatamente dopo la persona alla quale rivolgerle. E durante tutto il processo, si attaccheranno tenacemente a questi due fattori fino a che non raggiungeranno il loro obiettivo. Perché c'è sempre un obbiettivo. Spesso si tratta di ottenere riduzioni, privilegi o regali che non gli toccherebbero. Alle volte è solo un bisogno di attenzioni. Ma quasi sempre la lamentela è priva di un reale fondamento.
Esempio. Siamo nelle Baleari, nell'isola di Minorca, tra le spiagge più belle del Mediterraneo. Un gruppo di italiani arriva nell'hotel, situato a dieci minuti di cammino dalla spiaggia. Particolare menzionato anche nel catalogo e sottolineato dall'agente di viaggi, e accettato di buon grado all'atto dell'acquisto. Ma all'arrivo sembra un'amara scoperta, come se nessuno gli avesse detto niente. Chiaro, arrivi da un lungo viaggio, sei stanco e il tuo primo pensiero è lasciare le valigie in camera e tuffarti a mare: ci rimani un po' male se scopri che devi farti qualche metro a piedi. Anche se lo sapevi, sei frustrato: e la tua frustrazione va scaricata su qualcuno.
Individuato il problema, bisogna quindi capire con chi prendersela. E chi se non l'assistente in loco pronto a sorbirsi tutte le rimostranze del cliente deluso? Ma l'assistente non può certo spostare la spiaggia o l'hotel, quindi l'italiano non dovrà fare altro che accettarlo. Ecco quindi che la camera diventa troppo piccola, il letto troppo duro, la luce troppo bassa, la vista non adeguata… e in più la spiaggia è troppo lontana! Una tale sequela di danni arrecati dall'albergo al suo ospite è un attentato alla sua felicità. L'unico modo per farlo sorridere di nuovo è concedergli un upgrade gratuito, un'escursione, o qualsiasi cosa che lo faccia stare zitto. E alla fine l'italiano, soddisfatto, ringrazierà persino con cordialità e mille salamelecchi la sua vittima. E improvvisamente dello spirito battagliero di prima non vi è più una singola traccia. Almeno fino alla prossima lamentela.
L'inguaribile sbruffone
All'italiano medio piace mettersi in mostra, e questo lo sappiamo. Che sia in spiaggia, in una serata d'animazione per gli ospiti di un resort o semplicemente durante una conversazione ogni pretesto è buono per apparire. Il fatto è che alcune persone il carisma e il fascino che le mette al centro dell'attenzione ce l'hanno nel sangue. Altre invece non si arrendono proprio all'idea di non essere considerati, e fanno di tutto per essere dei protagonisti. Che sia per brevi o lunghi momenti, si tratta comunque di un atteggiamento costante e ripetuto. Una miscela di presunzione, arroganza e supponenza che scaturisce nel peggiore egocentrismo: la sbruffonaggine.
Esempio: in realtà di esempi ne possiamo fare tanti. Scegliamo uno scenario comune. Resort all inclusive a Malindi, in Kenya. Gli assistenti turistici e gli animatori sono pronti ad accogliere il nuovo gruppo di turisti. Questi scendono, bevono il loro drink di benvenuto, fanno il check in e vanno in camera. Dopo appena dieci minuti qualcuno scende giù a reclamare. "Questa non è la camera di internet, io non la voglio". Cosa vuol dire? Vuol dire che il turista, che non si ritiene turista ma è un viaggiatore, prima di partire si è informato su siti social come TripAdvisor a proposito dell'albergo che ha scelto. Perché lui è un indipendente, è uno che sa come viaggiare, che non si fa prendere in giro. Però prenota vacanze organizzate nelle agenzie di viaggio.
Il nostro viaggiatore ha "girato il mondo" ed è stato dappertutto. Il che vuol dire che ha prenotato con i maggiori tour operator, nelle principali destinazioni turistiche, nei migliori resort all inclusive. Caraibi, Tanzania, Canarie, Thailandia… Poco importa che il mondo vada oltre il bar della piscina e le escursioni organizzate: lui lo ha visto tutto. E per questo può raccontare le sue esperienze, che sono ovviamente più interessanti di quelle degli altri. Può fare paragoni con altri alberghi in cui è stato, che immancabilmente offrono un servizio di gran lunga migliore di quello in cui dorme adesso. E non manca mai di cogliere all'interno di una conversazione il momento propizio per sottolineare che lui sa, ha visto, ha vissuto. Che poi il momento propizio è ogni volta che apre bocca.
L'ingenuo mercante
Come abbiamo visto, un elemento che contraddistingue la personalità dell'italiano "tipizzato" è la furbizia. O meglio, la presunta furbizia, che gli fa ritenere di essere al di sopra degli altri. Nell'immaginario – e non solo in quello – l'italiano salta le file, paga di meno, entra dove gli altri non possono… O almeno, crede di poterlo fare, che sia un suo preciso diritto in quanto italiano. Tale livello di furbizia si esprime al suo massimo in un preciso contesto: i mercati.
Esempio: il turista italiano medio è stato almeno una volta a Sharm el Sheik, in Egitto. Ed ha acquistato qualcosa in un mercato locale. Ogni volta pagandolo a meno del prezzo proposto inizialmente. Una maglietta che costava 15€ è riuscito a ottenerla per 5€. Un narghilè di 30€ è sceso a 12€ e ci ha incluso un fez gratuito. E così via, si è riempito le valigie di souvenir. Soddisfatto perché grazie alla sua abilità nel contrattare ha risparmiato molti soldi. Quello che spesso ignora è che in realtà mercanteggiare è parte integrante del commercio arabo. Il prezzo dichiarato all'inizio è una bufala, il prezzo reale è quello al quale viene venduto l'articolo al termine della contrattazione. Così facendo gli astuti commercianti sono in grado di vendere altro: il turista italiano si sente bravo e compra, perché tanto sa come risparmiare.
Ma vediamo cosa succede in un paese non arabo. Anzi, torniamo proprio in Italia. Siamo nella splendida città di Venezia. Tra i souvenir più ambiti ci sono le tipiche maschere veneziane. Lì bisogna scegliere: o si compra un prodotto rigorosamente made in Italy, e lo si paga come tale; o si va al risparmio, e si acquista un'imitazione cinese. All'italiano non basta: lui vuole la maschera di fabbricazione nostrana a un prezzo inferiore del tarocco cinese. E girerà di bancarella in bancarella cercando di mercanteggiare senza successo, ma non si arrenderà. Dopotutto, se in Egitto ci è riuscito perché non dovrebbe riuscirci a casa sua? Perché il mercante di Naama Bay è arabo, mentre il mercante di Venezia è asiatico: cingalesi, bengali, cinesi non scenderanno mai più di un paio d'euro. E frasi ridicole come "Il tuo amico della bancarella affianco lo vende a meno" sortiranno solo l'effetto di una sonora risata.
L'inadattabile campanilista
Forse la peggiore categoria di tutte. Chi viaggia generalmente torna a casa con occhi diversi, perché ha vissuto esperienze nuove, conosciuto diverse culture e sperimentato differenti stili di vita. E spesso questo porta a rinforzare ancora di più l'amore verso la propria terra e la propria cultura. Ma a volte nell'italiano questo attaccamento si manifesta in senso opposto. Ci sono quelli che viaggiano verso terre sconosciute aspettando di trovare tutto quello che hanno a casa. Sembra un paradosso ma è così.
Esempio tipico: l'italiano ama la buona cucina. E non gli si può dire niente, considerati i sapori della nostra terra. Ma altre terre avranno sapori diversi. Non migliori o peggiori: solo diversi. Perché allora viaggiare in Medio Oriente aspettandosi di mangiare una pizza o una pasta asciutta come a casa? Non ha senso. Se la preoccupazione maggiore in vacanza è quella di mangiare come a casa, allora è meglio rimanerci, a casa. Dove però molto probabilmente l'italiano proporrà immancabilmente nelle uscite con amici di andare a cenare in un ristorante arabo. Perché l'etnico "è diverso e apre la mente verso nuove culture".
Non solo cibo: l'atteggiamento campanilista può rivolgersi verso altri aspetti della vacanza. Baleari, spiagge: "le spiagge della mia Sardegna sono più belle". Acropoli di Atene, Grecia: "i nostri Fori Imperiali sono più importanti". Laghi di Plitvice, Croazia: "da noi arrivano da tutta Europa per vedere il Lago di Garda". Potremo andare avanti all'infinito. Amare il proprio paese è giustissimo, e anzi è uno dei pregi più belli dell'italiano. Ma in viaggio si lascia tutto a casa e ci si apre verso il nuovo. Perché se non si ha abbastanza apertura mentale è meglio risparmiarli i soldi per quel biglietto.
[In apertura: foto di Mark Mitchell]